Roberto Rambaudi, ex giocatore e allenatore della Lazio, ha commentato la scelta della presidenza della società biancoceleste di esonerare Stefano Pioli, dopo la disfatta nel derby di ieri, perso per 1-4.
Rambaudi è intervenuto alla trasmissione “Non mollare mai” di radiosei, affermando: “Sbagliato gettare fango su Pioli ora, il suo vero errore è stato solo quello di accettare tutte le strategie e gli acquisti della società. Vedendo la partita ho notato che fino al 2-0 la Roma stava ottenendo il massimo risultato con il minimo sforzo, poi i cambi hanno dato una scossa alla Lazio, soprattutto nella zona di Keita, dove Florenzi andava spesso in difficoltà. Detto questo, la Lazio deve solo fare un mea culpa per tutti gli errori commessi da inizio stagione. Dopo il grande lavoro dello scorso anno, la società Lazio ha buttato via tutto. Quello che vorrei capire è perchè questo è accaduto, se per incompetenza o per mancanza di interesse a lavorare in un certo modo. Avrebbe avuto un senso sollevare Pioli dal proprio incarico in tempi non sospetti, già nella prima parte della stagione quando ormai si era capito che le cose stavano andando male. Esonerarlo oggi a cose fatte e dopo un derby perso è come gettare sulle spalle la croce della stagione, è come gettare del fango sul professionista e sull’uomo. Così non va bene, le colpe non sono sole sue. Tutto parte dal mercato e l’errore di Pioli è stato quello di avallare completamente tutte le sbagliate strategie della società. Era in quel momento che si doveva battere il tasto, doveva immaginare come potevano andare le cose. Il credito che aveva guadagnato con il terzo posto della scorsa stagione dovevano dargli la forza per dettare delle condizioni. Nel caso in cui non le avesse ricevute, poi, non avrebbe avuto problemi a trovare un altro club che gli potesse proporre un progetto interessante”.

Sempre ammesso che qualcosa cambi, che tipo di Lazio dovremmo aspettarci? Partendo dal modulo, come sostiene il Corriere dello Sport, sembra acclarato che la tattica base da cui ripartirà questo mini ciclo biancoceleste dovrebbe essere il 4-3-3: Inzaghi, nella sua pluriennale esperienza con la squadra Primavera, ha sempre adottato questo modulo, e la soluzione del 4-3-1-2 con un trequartista puro alle spalle di due punte non sembra percorribile. In porta confermato Marchetti, nonostante anche la sua stagione non sia stata delle più positive; Berisha rimarrà comodamente in panchina, in attesa di una sua cessione a giugno in un club che gli permetterà di giocare con più regolarità per mettere in mostra le sue doti, sempre ammesso che di doti ce ne siano. Sulla difesa c’è poco da dire: gli interpreti sono quelli e Inzaghi avrà poco da inventarsi, anzi dovrà continuare a fronteggiare il problema infortuni e non è da escludere, anzi è quasi certo, che alla ripresa contro il Palermo la linea difensiva biancoceleste sarà la stessa che è stata violentata più volte ieri pomeriggio dall’attacco giallorosso, fatta eccezione per l’ingresso di Mauricio al posto dello squalificato Hoedt. Dalla padella alla brace insomma. A centrocampo ovviamente il faro continuerà ad essere il capitano Lucas Biglia, protagonista anche lui di una stagione sotto le righe, ma elemento imprescindibile per la mediana biancoceleste; Parolo dovrebbe mantenere il suo posto, mentre per la terza maglia salgono le quotazioni dell’ex capitano Mauri, a scapito del giovane Cataldi. Non è da escludere l’inserimento nel gruppo dei possibili titolari di Ravel Morrison, oggetto misterioso di questa tragicomica annata biancoceleste. In attacco Klose parte con i gradi di titolare, mentre per gli esterni dovrebbero essere in pole position Felipe Anderson e Lulic, per una formazione più bilanciata. Esclusi Candreva e Keita quindi, Matri e Djordjevic seconde scelte, Kishna chissà invece in quale clinica specializzata si sta facendo visitare.
Ci si augura inoltre, in un finale di stagione in cui la Lazio non ha più nulla da chiedere alla classifica, al di là di dichiarazioni più o meno convincenti su poco plausibili ambizioni d’Europa (vedi Biglia), che Simone Inzaghi provi ad inserire in pianta stabile in prima squadra qualche promettente giovane della Primavera. All’attaccante Palombi, al centrale di difesa Mattia e al centrocampista Murgia potrebbe essere concessa qualche chance, così come al giovane portiere Guerrieri, per non si sa quale motivo costretto a una stagione da terzo alle spalle di Marchetti e Berisha, quando ad un giovane promettente come lui doveva essere concessa l’opportunità di andare a giocare e farsi le ossa. La Lazio di Inzaghi prende quindi forma, una forma non troppo lontana da quella che aveva con Pioli, ma del resto il materiale umano e tecnico rimane invariato.
e al presidente per il fatto che lo stesso aveva da poco tempo salvato la Lazio dal fallimento, o come ama tanto dire lui, di aver preso questa squadra al funerale e averla portata in condizione di coma irreversibile, al fine di migliorare tale condizione, ebbene questa fetta di tifoseria tanto paziente non esiste più. Dopo 12 anni di gestione, oggi 4 aprile 2016, questo club grazie al suo presidente, sta attraversando il suo momento più basso. Dal 2004 ad oggi ha portato il tifoso laziale a sperare di non perdere il derby con troppi gol di scarto, ha portato la Lazio a terminare la sua stagione tra fine marzo ed inizio aprile, ha portato la Lazio a stazionare in classifica sotto il Sassuolo, ha fatto diventare questo club una fase transitoria per i giocatori d’alto livello. Come in ogni famiglia che si rispetti, dove ogni figlio apprende dal genitore come affrontare la vita di tutti i giorni, ogni squadra rispecchia quello che è l’operato del suo presidente e di cosa trasmette quest’ultimo, grazie a ciò la Lazio è divenuta in pochi anni una squadra MEDIOCRE e il motivo per cui si definisce mediocre questa squadra e chi l’ha costruita si può capire attraverso il significato della parola stessa= chi dimostra o ha capacità limitate; chi non eccelle e non possiede i requisiti necessari per realizzare certi compiti.
E’ riferito anche a chi dovrebbe costruire una grande squadra in sede di calciomercato, cioè il direttore sportivo Igli Tare, che lavorando 365 giorni l’anno come dichiarato dalla stes

