Una giornata di sport e divertimento per ricordare Mirko Fersini e Maurizio Melli. È andato in scena quest’oggi presso il Centro Sportivo Maurizio Melli la prima edizione del Memorial Mirko Fersini.
Al triangolare per il memorial Mirko Fersini hanno partecipato le selezioni Under 14 della Prima Squadra della Capitale, del Savio e dell’Urbetevere. I biancocelesti di mister Marco Alboni, in particolare, hanno dato il via alle danze sfidando, alle ore 15:00, i pari età del Savio. La Lazio ha raggiunto il successo per 2-0 della Lazio e nella seconda gara di giornata è stata l’Urbetevere a superare il Savio per 3-1. Nella gara decisiva della competizione, la formazione biancoceleste allenata da Marco Alboni ha sfidato proprio l’Urbetevere. La selezione Under 14 della Prima Squadra della Capitale si è portata in vantaggio al 6’, ma poco dopo è stata la formazione ospite a pareggiare i conti con Mencanelli. L’Urbetevere conclude la rimonta nella seconda frazione con Legnanto che, al 47’, porta definitivamente in vantaggio la propria compagine.
LE PAROLE DEI PROTAGONISTI: CRISTINA MEZZAROMA
A margine dell’evento, Cristina Mezzaroma, moglie del Presidente Claudio Lotito, è intervenuta all’attenzione dei presenti: “Quando mi hanno chiamata per partecipare a questo evento non ho avuto dubbi. So bene la storia di Mirko Fersini, sono madre anche io ed i figli sono la cosa più preziosa al mondo. Non conoscerò mai il dolore che ha provato la madre di Mirko, ma posso provare a capire il vuoto che ha provocato la prematura scomparsa di un figlio ed il silenzio dei giorni che sono seguiti. Quando noi ricordiamo ed evochiamo il suo nome, Mirko è qui con noi. Credo in tal senso che oggi abbia giocato insieme ai suoi compagni. La Lazio non è astratta, è fatta di persone, strette ed unite da valori fondamentali come la lealtà, il sacrificio e l’impegno. La cultura della memoria è uno dei nostri valori. La Lazio non lascia mai indietro i propri figli, li ricorda e pensa che questi siano pietre miliari che ancora oggi sono presenti nell’attività quotidiana del Club. Come in una famiglia, si condividono gioie e dolori e si sta vicino ai ragazzi che sono appartenuti a questo nucleo. Ringrazio tutti coloro che hanno partecipato a questo evento”.
ENRICO LOTITO
Anche Enrico Lotito, figlio del Presidente della S.S. Lazio, ha preso la parola: “Voglio ringraziare la famiglia di Mirko, perché ci ha ospitati all’interno di un’atmosfera emozionante, piena di sport e di lazialità. Ho conosciuto Mirko Fersini ed ho giocato insieme a lui: era un ragazzo solare, era un tifoso in campo che ha sempre dato tutto per la nostra maglia. Era una persona per bene, con la testa sulle spalle e che amava tifare la sua squadra del cuore, la Lazio. Oggi probabilmente, Mirko sarebbe stato in prima squadra insieme ai suoi compagni”.




Il 2 giugno 1946 gli italiani vengono chiamati al voto per scegliere tra Monarchia e Repubblica.
Intorno alla proclamazione della Repubblica si addensano ancora oggi molti interrogativi. Dopo la guerra e venti anni di regime totalitario il 2 giugno 1946 l’Italia è chiamata a una doppia scelta: quale debba essere la forma dello Stato (monarchico o repubblicano) e votare i partiti che faranno parte dell’Assemblea Costituente. Era molto tempo che gli italiani non votavano in maniera democratica. Senza tener conto dei plebisciti del ’29 e del ’34 l’ultima volta che il popolo si era recato al voto era il 1924. Inoltre per la prima volta le donne hanno diritto di voto. La legge per il voto alle donne era stata approvata nel gennaio del 1945.
Nel ripercorrere quei giorni di incertezza e tensione emergono alcune incongruenze. Oscillazioni di voti, reticenza nel parlarne, ritardi. Tutto farebbe pensare che sia successo qualcosa di poco chiaro. Dove sono finite le circa 1.500mila schede bianche e nulle? Perché le schede votate sono state velocemente bruciate? Perché De Gasperi scrisse al ministro della
All’inizio dello spoglio l’esito della votazione sembrava favorevole alla Monarchia ma poi la situazione si capovolge. Il risultato è in bilico. Il ministro Giuseppe Romita fa una conferenza stampa in cui si limita a fornire il numero dei voti ottenuti dalle parti: 12.182.155 la Repubblica, 10.362.709 la Monarchia. Lo stesso giorno De Gasperi sale al Quirinale. I Savoia sembrano disposti ad accettare il risultato delle urne ma due giorni dopo un gruppo di giuristi di Padova presenta un ricorso contro il risultato elettorale. Tutto torna ancora in ballo. Il 5 giugno 1946 il ministro di Grazia e Giustizia nonché segretario del PCI, Palmiro Togliatti, chiama il suo segretario Massimo Caprara e scrive una lettera al presidente della corte di Cassazione Giuseppe Pagano. Lettera in cui lo invita a non dare il risultato del referendum. Interrogato da Caprara sul perché di quella decisione Togliatti gli dice: “Questa Repubblica è come un parto difficile e, come tutti i parti difficili, va aiutato”.
Il 10 giugno 1946 nel Salone della Lupa Montecitorio la Corte di Cassazione per voce del Presidente Pagano legge i voti ottenuti dall’una e dall’altra parte senza però proclamare la vittoria della Repubblica come tutti si aspettavano. Il modo in cui Pagano gestì quella situazione fu un eccesso di formalismo oppure il suggerimento di Togliatti aveva una qualche valenza politica? Anche lo stesso De Gasperi, di cui il giovane Andreotti era il segretario, si disse “meravigliatissimo” della condotta di Pagano e si recò immediatamente al Quirinale da Re Umberto II. Per il governo i dubbi non esistevano. I risultati portano al passaggio di poteri dal Re al Presidente del Consiglio ed alla nascita della Repubblica. Ma Umberto II non riconosce il verdetto elettorale, definendo il risultato ancora provvisorio. Inizia così un braccio di ferro tra governo e Casa Reale.
La maggioranza chiede a De Gasperi di assumere sin da subito i pieni poteri. Si registrano scontri nelle principali città italiane, a Napoli addirittura ci sono quattro morti. Re Umberto non sembra disposto a cedere le deleghe sino alla sentenza definitiva e a quel punto De Gasperi forza la mano assumendo i pieni poteri. Al re resta la scelta tra l’esilio e la prova di forza. Umberto chiede aiuto agli americani che però gli rispondono che non si sarebbero intromessi nella vicenda istituzionale italiana. E così il re di Maggio si risolve per l’esilio.