LAZIO TARE a 360° ha raccontato la sua avventura nella Lazio, sogni e speranze della società e la chiamata del Milan
LAZIO Tare ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport parlando dell’obbiettivo dei biancocelesti, sull’interesse estivo del Milan nei suoi confronti e di Milinkovic, ecco le sue parole:
Champions: “L’abbiamo sempre sfiorata negli ultimi 4-5 anni, anche io la vorrei raggiungere con una certa fretta, significherebbe tanto per tutti quanti, siamo già a buon punto“.
“Vogliamo portare la Lazio a grandi livelli, già lo è, visto che quando mi reco all’estero sento che la nostra squadra ha un nome importante. Se dovessi andare via da questa società, ci penserei bene, perché qui ho creato qualcosa d’importante e bello, insieme a tutti quanti. La questione tra Inzaghi e Lotito è durata tanto? No, non penso, hanno solo riflettuto. Infatti poi il mister ha rinnovato e voleva firmare per più di un anno, la sua volontà era rimanere, alla fine è stata la scelta giusta per entrambi”.
Giocatori: “Correa a breve firmerà il rinnovo, anche Milinkovic allungherà il suo di un’ulteriore anno con un piccolo ritocco, lui ha già un contratto importante. Non bisogna cambiarli troppo, ma giusto il minimo, con Luis Alberto ci vedremo quando sarà il momento giusto, lo consideriamo molto”.
Mercato: “Se fosse partito Milinkovic sarebbe arrivato sicuramente Yazici o un altro nome che avevo già individuato. Serjei è uno dei migliori centrocampisti, 100 milioni? Beh lui fa parte di un mercato a parte. Llorente ci era stato offerto, ma non c’erano le condizioni per prenderlo, abbiamo già il nostro sistema e avrebbe cambiato le cose”.
Riconoscimento: “Ho sempre saputo che c’era pregiudizio nei miei confronti, la scelta di nominarmi diesse è nata in un momento molto delicato. Aveva tutto tranne un senso. Lotito ci aveva visto lungo. Mi sono sempre detto “il tempo sarà galantuomo”. Ho giocato 9 anni in Germania, dove tutto ciò che si sta cercando di fare in Italia è in vigore da 25 anni. Ho avuto un punto di riferimento“.
Scudetto: “La Juve è la Juve. L’Inter, con Conte, ha aumentato la consapevolezza da outsider. Il Milan ha investito, l’Atalanta non è da sottovalutare. Napoli e Inter stanno dietro la Juve e le dico una cosa. Devo ammettere che mi piacerebbe essere dentro questa lotta perché sono consapevole che possiamo giocarcela con tutti. Tra l’altro abbiamo inserito un premio per lo Scudetto“.
Capitolo Milan: “Sacchi mi ha chiamato per farmi i complimenti, devo dire che sono stato molto orgoglioso di riceverli perché mi piaceva molto, adoravo il suo calcio. Boban e Maldini mi sono sempre piaciuti come giocatori, poi Zvone lo conoscevo. Ho visto da vicino il loro lavoro, però sono rimasto perché la mia è stata una scelta d’amore. Non potevo andare via dalla Lazio, era la scelta sbagliata. Ho deciso con il cuore e non con i soldi”.


Nel 1940 Brera frequenta Scienze politiche, svolgendo vari lavori per pagarsi gli studi. Non fa in tempo a laurearsi che scoppia la seconda guerra mondiale. Costretto a partire soldato, diventa prima ufficiale e poi paracadutista, scrivendo in questa veste alcuni articoli per diversi giornali di provincia. Notato per la sua bravura dagli ambienti del giornalismo, viene chiamato per alcune collaborazioni giornalistiche al “Popolo d’Italia” e a “Il Resto del Carlino”, testate importanti anche se controllate dal regime fascista, mentre Brera fu sempre un fervente antifascista. Il suo disagio all’interno delle redazioni è forte e palese e diventa ancora maggiore quando, fra il 1942 e il 1943, le operazioni militari intraprese dal regime cominciano ad andare male. In quei due anni muoiono la madre e il padre, lui si laurea e in seguito si sposa. Inoltre parte per Roma per assumere il ruolo di redattore capo di “Folgore”, la rivista ufficiale dei paracadutisti. In piena resistenza partecipa attivamente alla lotta partigiana in Val d’Ossola.
A guerra finita, nel 1945, riprende l’attività di giornalista per la “Gazzetta dello Sport”. In pochi giorni comincia a organizzare il Giro d’Italia di ciclismo che avrebbe preso il via nel maggio successivo, quello che doveva essere il “Giro della rinascita”, il ritorno del Paese alla vita dopo i tragici avvenimenti bellici. Direttore del giornale era Bruno Roghi, tra i giornalisti Giorgio Fattori, Luigi Gianoli, Mario Fossati e Gianni Brera, che fu nominato responsabile del settore atletica leggera. Per occuparsi di questo sport studiò a fondo i meccanismi neuro-muscolari e psicologici del corpo umano e le competenze acquisite, unite a un linguaggio fantasioso e geniale, hanno contribuito a sviluppare la sua grande capacità di raccontare il gesto sportivo con passione e trasporto. Nel 1949 scrisse il saggio “Atletica leggera, scienza e poesia dell’orgoglio fisico”.
Nello stesso anno, dopo essere stato corrispondente da Parigi e inviato per la Gazzetta alle Olimpiadi di Londra del ’48, fu nominato, a soli trenta anni, condirettore del giornale assieme a Giuseppe Ambrosini. In tale veste fu presente alle Olimpiadi di Helsinki del ’52, dominate nel calcio dall’Ungheria e nell’atletica dal ceco Zatopek, che vinse una gara memorabile nei cinquemila metri stabilendo il record del mondo. Nonostante avesse ereditato dal padre le idee socialiste Gianni esaltò l’impresa di Zatopek per ragioni tutte sportive con un titolo in prima pagina a nove colonne. Questo gli attirò nel clima politico di allora l’ostilità degli editori, i Crespi, contrariati che si fosse dato tanto risalto a un comunista. Nel 1954 dopo aver scritto un articolo poco compiacente sulla regina britannica Elisabetta II e provocando una polemica Gianni Brera si dimise, con decisione irrevocabile, dalla “Gazzetta”.
Lasciato il giornale compì un viaggio negli Stati Uniti e al suo ritorno fondò un settimanale sportivo, “Sport giallo”. Poco dopo Gaetano Baldacci lo chiamò al “Giorno” per assumere la direzione dei servizi sportivi. Qui si distinse subito per l’anticonformismo, non solo politico. Nuovi erano lo stile e il linguaggio, più vicini al parlare quotidiano, e l’attenzione dedicata ai fatti di costume, al cinema, alla televisione, oltre un grande spazio dedicato allo sport. Brera seguì le grandi corse ciclistiche, il Tour de France e il Giro d’Italia, prima di dedicarsi al calcio, senza smettere però di amare il ciclismo, su cui ha scritto “Addio bicicletta” e “Coppi e il diavolo”, stupenda biografia di Fausto Coppi, del quale fu amico fraterno.
Nel 1976 tornò come editorialista alla “Gazzetta dello Sport”. Intanto, continuava a curare sul “Guerin Sportivo” la rubrica Arcimatto, mai interrotta e mantenuta fino alla fine. Chiusa la parentesi di editorialista alla “Gazzetta”, passa di nuovo al “Giorno” e poi, nel ’79, al “Giornale nuovo”, fondato da Indro Montanelli dopo la sua fuoruscita dal “Corriere della sera”, dove cura i servizi sportivi. Brera tentò anche l’avventura politica candidandosi alle elezioni politiche del ’79 e dell’83 nelle liste del Partito Socialista, da cui si allontanò in seguito, per presentarsi nell’87 con il Partito Radicale.
Nel 1982 venne chiamato da Eugenio Scalfari alla “Repubblica”. Precedentemente aveva iniziato anche una collaborazione saltuaria e poi fissa con la trasmissione televisiva “Il processo del lunedì”, condotta da Aldo Biscardi. Moltissime in seguito sono state le sue apparizioni televisive come ospite e opinionista in programmi sportivi e perfino come conduttore sull’emittente privata Telelombardia. Il 19 dicembre 1992, al ritorno dalla rituale cena del giovedì, immancabile appuntamento con il gruppo dei suoi amici, sulla strada tra Codogno e Casalpusterlengo, il grande giornalista perse la vita in un incidente. Aveva 73 anni.

